Ladispoli Attiva, PD, Ladispoli Cambia, Progetto Ladispoli presentano un’istanza di annullamento in aututela dell’avviso pubblico
Abbiamo presentato un’istanza di annullamento in autotutela del bando con cui il Comune di Ladispoli intende affidare l’organizzazione dell’evento “Capodanno a Ladispoli 2026”, per un importo di 400 mila euro. Un bando che, più che garantire trasparenza e concorrenza, sembra costruito per confermare gli stessi schemi di sempre, offrendo una parvenza di correttezza formale ma senza alcun reale cambio di metodo.
Nelle precedenti edizioni il Capodanno era stato affidato direttamente, senza alcuna gara. Questa volta, probabilmente a seguito degli esposti presentati dalle opposizioni, del lavoro di vigilanza in Consiglio comunale e delle cronache provenienti da comuni limitrofi, l’Amministrazione Grando ha cercato di dare l’impressione di massima trasparenza, pubblicando un avviso pubblico.
Ma la sostanza non cambia: un bando che limita la concorrenza, aggira le norme sugli appalti e non tutela le risorse pubbliche non può essere considerato un passo avanti.
Non è una questione formale, ma di sostanza.
Quando si spendono risorse di questa entità, i cittadini hanno diritto a un procedimento trasparente, competitivo e capace di assicurare il miglior servizio possibile, non a un bando che restringe il campo e ripete meccanismi già censurati.
L’Amministrazione ha scelto di applicare il Regolamento comunale per i contributi al terzo settore, nato per sostenere iniziative sociali e culturali, non per affidare servizi di organizzazione eventi. Uno strumento piegato a finalità del tutto diverse, usato come scorciatoia per aggirare il Codice dei Contratti Pubblici e i principi di concorrenza che questo impone.
Nel frattempo, lo stesso regolamento è stato modificato in modo da rendere ancora più generosa l’erogazione pubblica: il contributo massimo è passato dal 70% al 90% e poi al 100% del costo, eliminando ogni logica di cofinanziamento. A ciò si aggiunge un 2% aggiuntivo di spese generali.
Una scelta che contraddice apertamente la giurisprudenza consolidata in materia di contributi a enti del terzo settore, secondo cui tali interventi devono essere caratterizzati dalla gratuità per il soggetto attuatore o, comunque, dalla mancata copertura integrale dei costi, proprio per distinguere il sostegno economico da un vero e proprio contratto di prestazione di servizi.
Quando l’Ente pubblico arriva a finanziare il 100% della spesa — come in questo caso — si oltrepassa la soglia della contribuzione e si entra a pieno titolo nel campo dell’appalto di servizi, con tutte le conseguenze giuridiche e procedurali che ciò comporta.
Sulla carta, il soggetto attuatore può inoltre trattenere le sponsorizzazioni private, che dovrebbero essere inserite a bilancio e quindi ridurre il contributo comunale. Ma di fatto questa regola è priva di reale efficacia, perché nel bando non emerge alcun obbligo di contabilizzare preventivamente le sponsorizzazioni.
In più, tra i criteri di valutazione compare un punteggio premiale per la “reale capacità di attrarre sponsorizzazioni”, che però non può avere alcun valore concreto al momento della candidatura: per poter essere misurata, una sponsorizzazione deve basarsi su contratti certi, non su promesse o previsioni. È un elemento che può essere verificato solo a consuntivo, non utilizzato come criterio di punteggio.
Se davvero si fosse voluto premiare l’efficienza economica, l’Amministrazione avrebbe potuto indire una gara pubblica, consentendo ai partecipanti di offrire uno sconto percentuale sulla base d’asta, come avviene in ogni procedura trasparente e competitiva. Così, invece, si perpetua un sistema che lascia ampi margini di discrezionalità e nessuna reale concorrenza
Sul piano dei requisiti, l’avviso introduce una clausola territoriale che consente di partecipare solo a chi ha una sede legale o operativa a Ladispoli da almeno un anno o ha svolto attività sul territorio negli ultimi due. Una formulazione che richiama prassi già censurate dalla giurisprudenza amministrativa, perché l’inserimento di simili vincoli come requisiti di accesso riduce ingiustificatamente la concorrenza e discrimina operatori esterni.
Ma a rendere il tutto ancora più discutibile è il sistema di valutazione previsto dal bando
La sezione E) attribuisce 20 punti su 100 alla “qualità dimostrata in pregresse esperienze relative ad eventi aventi la stessa natura, inclusa la dimensione dell’evento e la partecipazione di pubblico”. Un criterio che, applicato a Ladispoli, premia automaticamente chi ha già organizzato eventi simili negli ultimi anni, poiché dal 2023 tutti gli eventi di natura e dimensione comparabili — come il Capodanno e il Summer Fest — sono stati affidati sempre alla stessa realtà associativa.
In questo modo, il punteggio premiale diventa un vantaggio esclusivo per chi ha già gestito quegli eventi e, unito alla soglia minima di 70 punti per l’ammissione, rende l’esito del bando sostanzialmente scontato, chiudendo la porta a ogni reale competizione. Così si tagliano fuori anche molte realtà del territorio con sede appena oltre i confini comunali, che avrebbero le competenze e l’esperienza per organizzare eventi di questa portata.
Il bando restringe inoltre la partecipazione ai soli enti del terzo settore, una scelta giustificata formalmente con la volontà di “valorizzare le realtà locali”, ma che nella sostanza non trova alcuna coerenza con l’oggetto dell’affidamento: un concerto con “artisti di fama almeno nazionale”. Sono pochissimi gli enti di questo tipo che, per finalità e struttura, possono sostenere anticipi o rischi economici simili. È quindi evidente che la selezione non valorizza il territorio, ma riduce artificiosamente la concorrenza.
E qui emerge il paradosso più grande
Poiché è evidente che un ente del terzo settore non dispone della capacità finanziaria necessaria per anticipare somme così ingenti, l’avviso prevede la possibilità di chiedere l’anticipo dei contributi comunali — senza fissare alcun tetto massimo.
Ma in questo caso il Comune non prevede nessuna delle garanzie che sarebbero obbligatorie in una gara vera: nessuna fideiussione, nessun controllo sul DURC, nessun vincolo di tracciabilità dei flussi finanziari come impone la legge 136/2010.
Significa che l’Ente può erogare centinaia di migliaia di euro in anticipo, senza assicurarsi che quei fondi vengano gestiti correttamente, senza verifiche sui pagamenti a fornitori e artisti, e senza strumenti per recuperare le somme in caso di inadempienze.
In una procedura regolare di gara, tutto questo sarebbe obbligatorio: ogni euro pubblico sarebbe tracciato, ogni spesa certificata, ogni passaggio verificato. Qui, invece, si finanzia un evento da 400 mila euro con soldi pubblici e senza tutele reali per la collettività.
Aprire alla concorrenza, non chiudersi in procedure fatte su misura.
Quando si gestiscono 400 mila euro di soldi pubblici la prima regola dovrebbe essere aprire alla concorrenza, non chiudersi in procedure fatte su misura. Solo una gara vera, aperta a operatori qualificati, anche con sede fuori Ladispoli, può garantire un evento di qualità, trasparente e sicuro per la città.
La giurisprudenza e l’ANAC sono inequivocabili: quando si affidano servizi di questa portata economica, l’unico percorso legittimo è quello della gara ad evidenza pubblica. Ogni altra via espone l’Amministrazione a rischi di illegittimità, contenziosi e possibili rilievi contabili.
Non è una battaglia contro i grandi eventi, ma sul modo in cui si governa una città.
Chi amministra ha il dovere di spendere bene, garantendo legalità, trasparenza e pari opportunità. Il Comune apra davvero il bando di Capodanno alla concorrenza: è l’unico modo per restituire credibilità alle istituzioni e offrire ai cittadini un evento all’altezza della nostra città.
Ladispoli Attiva
Partito Democratico
Ladispoli Cambia
Progetto Ladispoli


