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Nei giorni scorsi il Sindaco ha emanato un’ordinanza di divieto temporaneo di balneazione per il tratto di costa situato 250 metri a sinistra dalla foce del fosso Vaccina.

La misura è stata adottata a seguito di un monitoraggio condotto da ARPA Lazio, da cui è emerso un valore di Escherichia coli pari a 697 MPN/100mL, ben oltre il limite consentito per le acque marine, fissato a 500 MPN/100mL. In altre parole, parliamo di un superamento del 40% rispetto ai parametri previsti dalla legge.

A fronte di questo dato preoccupante, il Comune ha precisato che ACEA Ato 2 gestore del servizio idrico integrato, non ha comunicato alcun malfunzionamento né agli impianti di depurazione né alle stazioni di sollevamento. Se quindi l’impianto funziona correttamente, come spiegare il superamento dei limiti batterici? A questo punto, ci chiediamo da dove arrivi questa contaminazione e se non sia il caso che le istituzioni preposte avviino un’indagine più approfondita. È necessario che vengano disposti accertamenti tempestivi sulle cause, per fare chiarezza e garantire la massima tutela della salute pubblica e dell’ambiente.

Ma il problema va oltre questo singolo episodio, non è la prima volta che il tratto del fosso Vaccina finisce al centro dell’attenzione per episodi di inquinamento. Già nella scorsa estate, infatti, erano emerse gravi criticità legate alla presenza di scarichi abusivi lungo le sponde del fosso, che avevano portato all’apertura di un’indagine da parte della Procura di Civitavecchia e al sequestro di un tratto del corso d’acqua da parte della Capitaneria di Porto. In quella circostanza avevamo presentato un’interrogazione comunale, per chiedere accertamenti e controlli rigorosi.

Quanto accaduto oggi, dunque, non è un caso isolato, ma parte di un problema strutturale che necessita di risposte serie, trasparenti e durature.